Mi chiamo Davide, sono uno studente del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Bologna e negli ultimi cinque mesi ho vissuto in Tanzania, dove ho svolto un tirocinio con WeWorld grazie al Bando Field Work, un programma dell’Università di Bologna che consente di realizzare un’esperienza formativa all’estero con ONG italiane e altri enti italiani e non attivi nell’ambito della cooperazione internazionale.
Durante la mia esperienza, ho vissuto e lavorato a Pemba. Si tratta dell’isola gemella della più accessibile e popolare Unguja, impropriamente chiamata dai turisti "Zanzibar", nome dell’intero arcipelago. Se da un lato Pemba offre paesaggi mozzafiato con spiagge bianche, rigogliose foreste tropicali e una piacevole brezza marina, dall'altro è una realtà che presenta sfide importanti per la popolazione locale, come l’accesso limitato a servizi essenziali come acqua potabile e servizi igienici, una gestione dei rifiuti inadeguata che causa inquinamento, alluvioni frequenti e danni derivanti dall’aumento degli eventi estremi dovuti ai cambiamenti climatici. A peggiorare la situazione contribuisce la crescita esponenziale della popolazione, che, in un contesto privo di infrastrutture adeguate, rende più complessa la gestione di tali fenomeni. In tutto questo, a soffrirne di più sono sempre le fasce più vulnerabili: le famiglie più povere, i giovani e le donne, categorie più fragili per motivi strutturali e culturali.
Proprio per affrontare questi problemi è nato Kijani Pemba, il progetto finanziato dall’Unione Europea a cui ho lavorato durante il mio soggiorno in Tanzania, in particolar modo sugli interventi mirati a sostenere le categorie più vulnerabili. Il lavoro insieme al team di WeWorld è stato vantaggioso per entrambi: da un lato, ho avuto l’opportunità di mettere in pratica e approfondire le conoscenze acquisite durante gli studi in economia e in analisi dei dati; dall’altro, il progetto ha potuto beneficiare delle mie competenze tecniche.
Il mio lavoro è iniziato con una ricerca sul tema della marginalizzazione delle categorie più fragili. Con l'aiuto dello staff nazionale, ho utilizzato questionari e l’organizzazione di gruppi di discussione per indagare sulle cause e le dimensioni delle vulnerabilità socioeconomiche che colpiscono i e le giovani e le donne nelle aree di intervento. Sapevo che i risultati di questa ricerca non sarebbero stati abbandonati in un cassetto, ma che avrebbero rappresentato un punto di riferimento concreto per definire gli interventi necessari.
Una volta raccolti i dati, abbiamo progettato interventi volti a rispondere ai bisogni specifici emersi per queste categorie, come ad esempio l’offerta di corsi di formazione per sviluppare competenze nella gestione di piccole imprese e la possibilità di accedere a fondi di investimento per le attività commerciali, il tutto accompagnato da un’attenzione particolare alla sensibilizzazione sui temi della sostenibilità ambientale e sociale, che costituiscono anche i criteri di accesso ai benefici.
Questa è stata solo una parte della mia esperienza con Field Work: in una giornata tipo, si lavorava in ufficio o sul campo dalle 8 alle 17, con un’ora di pausa pranzo in mezzo, e le attività erano varie: un giorno si incontravano con le autorità locali, il giorno dopo si andava sul campo a monitorare i risultati del progetto, il giorno dopo ancora si visitavano le scuole per fare dei capacity building... insomma, il progetto è molto ampio, e le cose da fare non mancavano!
Questo progetto è stato per me un’opportunità preziosa perché mi ha permesso non solo di applicare nel pratico le mie capacità, ma anche di mettermi alla prova imparando un nuovo lavoro, quello del project manager; di capire il funzionamento e le pratiche comuni dei progetti di cooperazione e delle organizzazioni non governative; di avere un’idea di come è fatto il mondo del lavoro e di elaborare delle idee più chiare sul mio futuro. Ma soprattutto, è stata un’esperienza altamente formativa a livello umano, che mi ha permesso di vedere una nuova parte di mondo, di entrare in contatto con altre culture, di rompere pregiudizi e diventare una persona più consapevole, ridimensionando tanti problemi ed esigenze della parte di mondo in cui vivo. Inoltre, ho sperimentato un nuovo modo di vivere, un modo “Pole Pole” (lento lento), senza troppa fretta o preoccupazioni. All’inizio è stato molto difficile abituarsi a questi ritmi, ma, ripensandoci, sembra che il tempo sia passato anche sin troppo velocemente.
E ovviamente oltre al lavoro, ho avuto la fortuna di viaggiare e visitare un paese bellissimo e tanto diverso dall’Italia, perché l’esperienza Field Work è anche questo!
Se sei una persona curiosa e ti interessa il mondo della cooperazione internazionale, senza dubbio consiglio a tutti e a tutte di partecipare al bando Field Work e simili. Sarà un'esperienza unica nel suo genere, grazie alla quale si cresce e si impara tantissimo!