“Tempo sospeso” è il nostro progetto multimediale prodotto insieme a Cortona On The Move e alla fotografa internazionale Francesca Volpi, che ha visitato i campi per persone rifugiate con cui lavoriamo nella Valle della Bekaa e ad Akkar.
Attraverso questi scatti potentissimi, Volpi accende i riflettori sulla vita delle rifugiate siriane: donne che non hanno mai smesso di fuggire dalla guerra e hanno trovato rifugio in Libano, in situazioni non sempre adeguate e in grado di offrire loro una vita dignitosa oltre l’emergenza. Per questo abbiamo scelto di celebrarne la resilienza, raccontando le loro storie - storie di forza e di speranza - per restituire una voce a chi ha perso tutto.
Quest'anno, le fotografie sono state trasformate in borse uniche grazie al lavoro delle Quest'anno, le fotografie sono state trasformate in borse uniche grazie al lavoro delle persone detenute nella Casa Circondariale di Venezia, in un'iniziativa che abbiamo promosso insieme a Malefatte: un collettivo creativo che lavora con materiali di recupero, dando nuova vita a oggetti unici, come le borse, realizzate artigianalmente.
La situazione in Libano oggi
Le storie di Tempo Sospeso, raccolte nel 2020, sono ancora oggi attuali. A 13 anni dall’inizio della crisi in Siria, molte persone siriane si trovano ancora in Libano, in attesa del giorno in cui sarà possibile tornare a casa.
Inoltre, la situazione nel paese è sempre più critica: a partire dal 27 settembre, i bombardamenti, che si sono intensificati negli ultimi mesi, hanno causato oltre 3.000 morti e ferito almeno 15.000 persone. Quasi 900.000 persone sono sfollate internamente, mentre intere famiglie hanno perso tutto e sono costrette a cercare rifugio nel paese.
Il Libano, che già ospitava il maggior numero di persone rifugiate pro capite al mondo, da anni sta affrontando una profonda crisi sociale, politica ed economica, che rende la situazione ancora più insostenibile.
Tempo Sospeso: le storie
Abir
“Quando è iniziata la guerra, i miei genitori mi hanno detto che si trattava di un conflitto temporaneo, che non c’era da avere paura. Quando sono venuta qui in Libano, hanno ripetuto la stessa cosa, ma non è stato così. Vivo qui da 8 anni”.
Nafla
Il ricordo più prezioso e felice che ho portato con me dalla Siria è il mio diploma di fine studi. È grazie a quel diploma che ho potuto lavorare qui come volontaria per un’associazione.
Chiunque mi conosce, sa bene che ho una personalità di ferro e che sono una donna forte. Sono sempre stata ambiziosa e ho iniziato a insegnare quando mio figlio maggiore aveva solo 40 giorni, lo portavo con me e andavo a insegnare. Mentre ero incinta del secondo, portavo lo stesso il mio primogenito con me a lavoro. All'inizio della crisi siriana, è diventato difficile andare in città per ritirare lo stipendio, così ho lavorato tutto l'anno senza essere pagata. Mi rattrista il fatto che i miei figli non vadano a scuola. Cerco di fare il mio meglio a casa per dare loro un'istruzione di base, ma non possono raggiungere livelli elevati come se fossero a scuola. Sono molti i bambini e le bambine che non vanno a scuola in questo campo, ma non tutte le donne la pensano allo stesso modo su questo argomento. Pensano ad affrontare le circostanze che stanno vivendo in questo momento. Alcuni adolescenti qui non sanno né leggere né scrivere, ma si adattano alla situazione e non si lamentano. Ma poiché sono stata un’insegnante, penso che i miei bambini dovrebbero avere accesso all'istruzione. Non andare a scuola compromette il loro futuro.
Il coraggio e la resilienza
“Il lavoro fotografico realizzato con Francesca Volpi mette in risalto l’aspetto umano e quotidiano delle vite di queste donne nei campi informali, raccontando le conseguenze di una crisi ancora lunga da risolvere. Le fotografie mostrano il coraggio e la resilienza (ai limiti della sopportazione) delle donne e delle ragazze siriane, bloccate in una condizione di precarietà dalla quale faticano a uscire, costrette ad affrontare da sole il carico familiare e limitate da una realtà prevalentemente patriarcale. Sono fotografie che raccontano e celebrano la loro forza, restituendo una voce e un volto a chi è stato privato di tutto” racconta Dina Taddia, Consigliera Delagata di WeWorld.
WeWorld in Libano
In Libano non è permesso stabilire campi profughi formali. Di conseguenza, la maggior parte delle persone rifugiate siriane vive in strutture sub-standard nelle città e nei villaggi o in tende in insediamenti informali in cui è vietato avere qualsiasi struttura o attrezzatura permanente. Qui, spesso, non hanno la possibilità di accedere a servizi e beni fondamentali e vivono in condizioni di sussistenza basica all’interno di strutture e aree che avrebbero dovute essere provvisorie, ma che sono diventate quasi permanenti.
Siamo in Libano dal 2006 al fianco delle popolazioni vulnerabili attraverso risposte di emergenza multisettoriali, nonché interventi per la gestione dell'acqua, mezzi di sostentamento e sviluppo locale nei governatorati di Baalbek-Hermel e Akkar. Scopri di più.
WeWorld in Siria
Siamo presenti in Siria dal 2011, prima dell'inizio della crisi, con 3 uffici: Damasco, Aleppo e Deir-ez-Zor. Nel 2024 abbiamo iniziato a operare nel governatorato di Raqqa. Il nostro lavoro si concentra sull'educazione in emergenza, sull'acqua e servizi igienici e sanitari (WASH) e, più recentemente, sull’early recovery e livelihood. Scopri di più.