“Ci siamo abituati alla guerra: è terribile da dire perché non è una cosa normale”. Inizia con queste parole il racconto dei due anni di conflitto di Nataliia Kavetska, 34 anni, che allo scoppio della guerra in Ucraina si è rifugiata in Italia dove ha vissuto per 8 mesi lavorando come mediatrice linguistico-culturale nei nostri Spazi Donna WeWorld, luoghi di accoglienza e ascolto messi a disposizione anche delle donne ucraine e dei loro figli e figlie che hanno cercato un luogo sicuro lontano dalle proprie case.
In Ucraina la situazione umanitaria rimane grave e i bisogni della popolazione sono ancora tanti: l’accesso ad acqua pulita e potabile e a cure mediche è limitato in alcune zone e mancano vestiti caldi per fronteggiare le rigide temperature dell’inverno. Per tante bambine, bambini e adolescenti non ci sono più spazi sicuri dove poter studiare e socializzare. “Se scatta l’allarme dobbiamo correre nei rifugi ed è capitato diverse volte di doverci fermare a lungo e che mio figlio studiasse insieme ad altri bambini in cantina. Nell’aria si sente il pericolo, anche solo durante una passeggiata vediamo le macerie dei palazzi – spiegaNataliia Kavetska – Eppure ho deciso di tornare in Ucraina, a Kyiv, perché volevo fare qualcosa per il mio Paese anche se la vita quotidiana è molto diversa da prima a causa dei continui bombardamenti”.
“A due anni dall’inizio della guerra la popolazione ucraina continua a vivere l’impatto di un conflitto che, ancora, non vede una possibile fine" , spiega Manneschi, responsabile Paese in Ucraina per WeWorld, dove in due anni di intervento abbiamo raggiunto 230.000 persone, di cui il 74% sono donne, bambine e bambini.
"Due anni che avranno ripercussioni sul futuro di un’intera generazione, con bambine e bambini che vivono una quotidianità precaria senza continuità a scuola con la paura dei bombardamenti, uomini che avranno bisogno di aiuto per superare lo stress post traumatico, donne che hanno il peso della cura e della ricostruzione sulle proprie spalle. Il popolo ucraino sta vivendo una crisi collettiva che deve essere fermata, il rischio è che il Paese non riesca più a rialzarsi”.
Leggi qui l’intervista completa a Guido Manneschi.
Nonostante le difficoltà bambine, bambini e adolescenti hanno iniziato a fare lezione online e in alcune zone del Paese si va in presenza ma solo se queste strutture hanno uno shelter antiaereo. Nelle regioni orientali del paese i bombardamenti continuano ad essere all’ordine del giorno. Nella città di Kharkiv, la seconda più grande del paese, e nella regione omonima, molti edifici residenziali e amministrativi – incluse scuole e ospedali – sono stati danneggiati dai frequenti attacchi missilistici. Non è, però, solo l’impatto fisico dei bombardamenti ad essere visibile nelle città e nei paesi ucraini, è evidente anche l’impatto psicologico che questi hanno avuto e continuano ad avere sulla popolazione.