Cosa succede ai ragazzi e alle ragazze che vivono in periferia durante i mesi estivi in cui non vanno a scuola? Lo abbiamo chiesto agli operatori degli spazi Frequenza 200, i nostri centri in Italia, attivi per contrastare la dispersione scolastica.
Insieme al duo Mammadimerda abbiamo lanciato "RISTUDIAMO IL CALENDARIO! Un nuovo tempo scuola NON è più RIMANDABILE", una petizione per chiedere alle istituzioni di ascoltare la voce delle famiglie e pensare a un nuovo tempo scuola a partire dalla rimodulazione del calendario scolastico. Lo abbiamo fatto anche perchè non tutti e tutte hanno la possibilità di fronteggiare i costi dei campi estivi. Cosa succede ai ragazzi che vivono in periferia? Ecco il racconto degli educatori dei centri contro la dispersione scolastica di WeWorld.
"I ragazzi e le ragazze che incontriamo ogni giorno sul territorio di Aversa sono giovani i cui genitori spesso non hanno la capacità – sia economica che culturale – di organizzare attività in autonomia per stimolare i propri figli e figlie. Durante l’estate solo il 20% dei ragazzi e delle ragazze che frequentano lo spazio di Aversa riesce a vivere, con le proprie famiglie, delle esperienze diverse, che sia anche solo una gita fuori porta o andare a mangiare una pizza. Se gli adolescenti riescono ad essere più autonomi nell’organizzare delle uscite al parco o in centro città, questo sui più piccoli si traduce in un lento isolamento che li porta a richiudersi nel digitale, trascorrendo, di fatto, tre mesi al cellulare. Lo notiamo spesso perché i più timidi, a settembre, sono più inibiti in ambito relazionale e sociale, fanno fatica ad aprirsi nuovamente e a giocare in compagnia. Se non sei un bambino o una bambina che ha la capacità di tessere relazioni, spesso resti escluso. Anche incontrare un amichetto o un’amichetta diventa complicato e, in ogni caso, dipende soprattutto dalle mamme che devono organizzare il momento. Qualcuno – i più intraprendenti o quelli che abitano vicino – giocano a pallone o per strada, frequentando il quartiere senza nessun controllo. Ad Aversa i giovani non hanno un luogo che sentono proprio dove possono esprimersi e sperimentare. Alcune famiglie, inoltre, affidano i figli piccoli ai più grandi ma parliamo sempre di bambine e bambini di 12-13 anni: gli scorsi anni abbiamo organizzato delle gite extrascolastiche ma alcuni non sono venuti proprio perché dovevano badare ai fratellini o alle sorelline”.
La città di Aversa si pone come città intermedia tra l’area metropolitana napoletana ed il litorale domizio, in una zona in cui convergono elementi socio culturali specifici dei due capoluoghi vicini, Napoli e Caserta. In questa realtà territoriale le espansioni periferiche si sono saldate tra loro, i tessuti storici sono scomparsi nella continuità delle periferie recenti, assolutamente anonime e prive di qualità urbana. Ciò determina un emergente fenomeno di disgregazione sociale e culturale che investe anzitutto la popolazione in età adolescenziale e pre-adolescenziale. Le zone marginali della città di Aversa sono caratterizzate da alti tassi di microcriminalità e dalla presenza di molte famiglie che vivono in condizione di forte povertà economica, sociale e culturale.
“A Torino esistono molti centri estivi che offrono diverse opportunità durante il periodo estivo. Che siano realtà private, convenzionate, del terzo settore o parrocchiali però esistono due problemi: il fatto che raramente coprano tutto il mese di luglio - e mai i primi giorni di settembre – e che esistono diverse famiglie che, anche in casi di costi ridotti, non riescono a pagare la quota. Nel quartiere in cui lavoriamo ci sono tantissimi ragazzi e ragazze di nuova generazione e/o arrivati in Italia da poco. Molto spesso è più economico tornare nel paese di origine, specie per quei paesi tutto sommato vicini, come Marocco ed Egitto. Lì le famiglie possono contare su costi più bassi e sul supporto dei parenti per prendersi cura dei figli e delle figlie. Nei casi in cui i ragazzi e le ragazze sono in Italia da poco tempo, l’allontanamento comporta una perdita linguistica importante: è difficile tornare a parlare in italiano quando per 3 mesi hai parlato un’altra lingua che conosci meglio. Per chi invece non riesce a pagare le spese del viaggio bisogna fare una differenza in base all’età. I ragazzi e le ragazze più grandi sono più autonomi e si organizzano insieme per uscire e passare del tempo insieme. I più piccoli, invece, hanno bisogno che sia l’adulto ad organizzare le uscite per loro e dipendono dai genitori. Il caldo umido di Torino però fa sì che raramente si esca di giorno e i ragazzi e le ragazze spesso dormono fino a tardi e poi passano le giornate al cellulare che diventa così l’unico mezzo che offre intrattenimento. In generale, quello che emerge, è che a settembre c’è una gran voglia di ricominciare: chi si è annoiato molto non vede l’ora di rivedere gli amici. Esiste un problema reale di mancanza di strutture e iniziative per i più giovani, l’offerta appare sempre limitata per opportunità e durata”.
“Nel quartiere Barona di Milano ci sono molti ragazzi e ragazze di seconda generazione che spesso in estate tornano nei paesi d’origine. Quest’anno – per la prima volta dopo il covid – abbiamo registrato un gran numero di partenze. C’è chi lo ha fatto volentieri, chi meno: per alcuni tre mesi rappresenta un distacco davvero lungo rispetto alle relazioni che hanno qui. Lo spostamento dell’intera famiglia però ha un costo che non tutti possono sostenere. Chi non parte ha due possibilità: stare per strada, parchi e centri commerciali alla ricerca di un po’ di fresco ma senza alcun altro scopo oppure vivere un ritiro sociale e lento isolamento. I secondi spesso restano proprio soli a casa perché i genitori non hanno ferie estive e sono costretti a continuare a lavorare. Abbiamo registrato molti casi in cui il fratello o la sorella più grande ha il compito di prendersi cura del più piccolo. In questo periodo di lontananza, inoltre, spesso non è garantito nessun supporto scolastico e anche fare i compiti per le vacanze diventa complicato. Chi da solo non riesce a portare avanti i compiti spesso vive un senso di frustrazione che si traduce anche in una critica a sé stesso e alle proprie capacità. Questa è sicuramente una difficoltà in più con la quale bisogna fare i conti a settembre, che colpisce soprattutto chi soffre di disturbi dell’apprendimento. Quando noi rincontriamo i ragazzi e le ragazze a settembre hanno proprio voglia di tornare alla vita di tutti i giorni con impegni e amici: la scuola diventa di fatto il modo per stare tutti e tutte insieme”.
Il Quartiere Barona è caratterizzato da una forte omogeneità socio-economica e demografica (anziani e giovani) appartenenti a un ceto economico medio basso, con un rischio di chiusura rispetto ai bisogni del proprio vicinato ed una rete informale e associativa debole e destrutturata. Nel quartiere esistono luoghi di aggregazione per anziani e bambini ma è poco attento alla socialità degli adolescenti, percepiti come portatori di fatiche per il quartiere e poco proattivi verso il territorio. I ragazzi si incontrano nei molteplici spazi verdi, nei cortili delle case popolari e nei due punti focali di ritrovo: la piazza antistante la chiesa di San Giovanni Bono fino alla biblioteca in via San Paolino 18 in Sant’Ambrogio 1 e piazza Enzo Paci in Sant’Ambrogio 2. Molto spesso i contesti di ritrovo dei ragazzi sono anche fulcro di attività illegali, quali piccolo spaccio e ricettazione di motorini rubati.