Jacopo Colomba (WeWorld): “Sole, vulnerabili e senza risorse economiche, le donne rischiano di essere le più a rischio di tratta. Servono risorse e servizi urgenti”.
Foto di Michele Lapini per WeWorld
Nathalie ha solo 18 anni e nel suo percorso ha già incontrato tante persone che l’hanno tradita, raggirata e sfruttata. È una delle tante donne che arrivano a Ventimiglia – spesso da sole e con poche o nessuna risorsa economica - per cercare di attraversare il confine e raggiungere i familiari in Europa. Sono proprio loro le più vulnerabili, che rischiano di diventare vittima di tratta.
Abbiamo raccolto la sua storia, insieme a quella di altre molte donne, in “Inter-rotte. Storie di donne e famiglie al confine di Ventimiglia”, il report che analizza come sono cambiati i flussi migratori sul territorio in occasione della Giornata Internazionale contro la tratta di essere umani.
Negli ultimi sei mesi a Ventimiglia, uno dei maggiori punti di passaggio per chi cerca di uscire dall’Italia, si è osservata una femminilizzazione degli arrivi. Mentre in passato si registrava la prevalenza di migranti uomini o nuclei familiari, oggi non è più così. Basti pensare che le donne in arrivo dalla Costa d’Avorio sono aumentate del 100% (da 600 in un anno a 1200 presenze) e di oltre il 60% dalla Guinea.
Sono tantissime, dunque, le donne costrette a interrompere il loro viaggio e stazionare a Ventimiglia in cerca di un riparo o di un passaggio sicuro, rischiando di cadere vittime di reti criminali che organizzano attraversamenti irregolari della frontiera e tratta di esseri umani a fini di sfruttamento, ingannandole con la promessa di un riscatto della propria condizione una volta superato il confine italo-francese.
“Le donne sole rischiano più di altri di cadere vittime delle reti criminali presenti sul territorio – spiega Jacopo Colomba, responsabile del progetto di WeWorld a Ventimiglia - Dopo il blocco causato dalla pandemia, i movimenti sono lentamente ripresi: il 2022 ha registrato 33.000 respingimenti in frontiera e, molto probabilmente, alla fine del 2023 questa soglia sarà superata. Negli ultimi sei mesi le donne sole sono aumentate in modo considerevole e non possiamo far finta di nulla: servono più risorse dedicate affinché queste donne non diventino vittime di tratta”.
Nel 2021, sono oltre 50 milioni le donne nel mondo vittime di tratta, di queste 9 su 10 sono donne o bambine e restano coinvolte nelle reti criminali a scopo sessuale. In Italia, il fenomeno riguarda circa 90.000 giovani donne e ragazze, principalmente provenienti dall’Africa e dall’Europa dell’est, il cui corpo viene sfruttato per un valore di circa 4,7 miliardi di euro. Dati che sicuramente sono a ribasso: per sua natura, infatti, la tratta è un fenomeno sommerso di difficile misurazione e intercettare le vittime risulta particolarmente complicato, e lo è diventato ancora di più negli ultimi anni a causa della pandemia.
La differenza tra tratta e traffico
A differenza del fenomeno del traffico di persone migranti – che spesso si svolge sotto il consenso della persona stessa ed è limitato all’arco di tempo necessario a trasferire la persona dal Paese di provenienza a quello di destinazione – il fenomeno della tratta si caratterizza perché la vittima è costretta allo svolgimento di attività lavorative o sessuali reiterate e si svolge su medio-lungo periodo: uscire da un percorso di tratta non è, infatti, facile ma ad oggi rappresenta di fatto una forma moderna di schiavitù che viola in modo frontale una serie di diritti umani e libertà, davanti al quale non si può rimanere inermi.
Il nesso tra tratta e giustizia sessuale e riproduttiva
“Il fenomeno della tratta è strettamente legato a quello dello sfruttamento sessuale – spiega Martina Albini, coordinatrice del Centro Studi di WeWorld - Questa mercificazione del corpo delle vittime comporta una profonda violazione dei loro diritti umani visti nel più ampio quadro della giustizia sessuale e riproduttiva. La tratta di persone a scopo di sfruttamento sessuale priva totalmente le vittime del diritto di decidere liberamente del proprio corpo, della propria salute, della possibilità di accedere a servizi sanitari sicuri, della libertà di autodeterminarsi dal punto di vista sessuale e riproduttivo”.
Ventimiglia è, ormai da anni, uno dei punti di passaggio più importanti d’Europa per la maggior parte delle persone migranti che arrivano in Italia via mare e via terra e che tentano di attraversare qui il confine francese, dove però si scontrano con i controlli e i respingimenti dovuti alla sospensione da parte del governo francese nel 2015 del Trattato di Schengen.
Le richieste
È per questo che WeWorld, insieme a Caritas Intemelia, Medici del Mondo e Diaconia Valdese, organizzazioni tutte in prima linea sul territorio, chiedono:
- Ripristino del Trattato di Schengen per dare le possibilità legali di accesso e movimento all’interno dei Paesi UE, facilitare le procedure di richiesta di asilo e garantire il rispetto dei diritti umani delle persone migranti. Questo permetterebbe un primo passo fondamentale su cui lavorare anche a livello comunitario con delle misure transnazionali.
- Istituzione di dispositivi di accoglienza per garantire un rifugio appropriato e degno a tutte le persone migranti, senza eccezioni, al fine di limitare e affrontare, e non accrescere, le vulnerabilità e le difficoltà che devono affrontare ogni giorno.
- Tavolo di coordinamento con tutti gli stakeholder e il terzo settore con lo scopo di monitorare la situazione migratoria a Ventimiglia e proporre soluzioni rispetto a casistiche più specifiche, quali per l’appunto la tratta a scopo di sfruttamento sessuale.