A cura di Annarita Spagnuolo, Rappresentate Paese in Kenya per WeWorld

Continuano le proteste in Kenya. A Nairobi, infatti, da domani sono previste nuove dimostrazioni da parte delle giovani e dei giovani, principalmente della Gen Z, ma anche dalla Generazione X e Millenials, ovvero gran parte della popolazione.

L’imminente approvazione della nuova legge di bilancio, che comporterebbe un ulteriore aumento delle tasse, anche su diversi beni di uso comune, ha portato a forti proteste in tutto il Paese, in quello che si configura come il più violento attacco alle istituzioni degli ultimi decenni e che in questi giorni viene già definito come "African spring". L'espressione è un un richiamo alla “primavera araba”, una serie di proteste ed agitazioni in vari paesi del nord Africa e Medio Oriente tra il 2010 e il 2011. 

Sono migliaia le persone scese in strada a protestare nei giorni scorsi, in particolare martedì 25 giugno. Nonostante il risentimento della popolazione per i continui incrementi alle tasse che si sono susseguiti a partire dalla salita al potere del nuovo governo, la manifestazione si è svolta in modo pacifico (almeno da parte delle civili e dei civili). Tuttavia, la reazione della polizia è stata fin da subito molto forte, inasprendo le violenze e causando diversi morti e feriti. Al momento fonti ufficiali dicono intorno alle 25 morti, anche se non è certo, non essendoci concordanza con i numeri riportati dalle fonti governative.


Visto il carattere pacifico della manifestazione la popolazione non è stata affatto contenta del risvolto che questa ha preso, con una risposta e un uso della forza assolutamente sproporzionato da parte della polizia, e che, in un successivo momento, ha visto anche il coinvolgimento delle forze armate. Ad esacerbare le già forti tensioni è stato poi il discorso rilasciato dallo stesso Presidente nella giornata di martedì 25 giugno, nel corso del quale non ha fatto menzione della legge di bilancio in corso di approvazione soffermandosi piuttosto sugli eventi della giornata, additando a “criminali” le partecipanti e i partecipanti alle proteste e annunciando dure punizioni a riguardo. Cosa che le kenyote e i kenyoti non hanno affatto apprezzato.


Solo il giorno successivo, mercoledì 26 giugno, si è potuto assistere ad un dietrofront del Presidente, che nel corso di un nuovo discorso ha totalmente cambiato la sua posizione: rigettando la stessa legge di bilancio, sebbene in precedenza avesse fatto un lungo discorso per giustificare l’incremento delle tassazioni sulla base dell’elevato debito del Kenya, e dimostrandosi aperto ad un nuovo dialogo con la popolazione.


Tuttavia, contrariamente alle aspettative, questo non è servito a calmare gli animi, nonostante si sia assistito ad un miglioramento nel clima delle proteste. Nella giornata di giovedì 27 giugno si sono svolte ulteriori dimostrazioni poiché nonostante il Presidente abbia rigettato la Legge di Bilancio, aprendosi anche al dialogo, le giovani e i giovani sono ormai stanche e stanchi e non più disposte e disposti ad accettare l’opulenza con cui la classe politica vive, mentre la maggior parte della popolazione stenta a sopravvivere, a causa dei costi molti elevati dei beni comuni e i continui incrementi di tassazione che si sono susseguiti negli ultimi due anni.


La principale, e più rilevante, differenza di queste proteste rispetto alle precedenti è da ricercarsi nella riscoperta unità del Paese. All’interno delle manifestazioni degli ultimi giorni non ci sono state, come solitamente avviene, separazioni tribali poiché tutti, classe media, giovani ed anziani e anziane, si sono trovate e trovati concordi nel voler dire “Basta! Adesso è troppo!”. In particolare, ciò che risuona sempre più forte è una riscoperta consapevolezza da parte delle giovani e dei giovani, che sono più che mai intenzionate e intenzionati a riconquistare non solo il loro presente ma anche, e soprattutto, il loro futuro.


Gli eventi dell’ultima settimana hanno fortemente impattato sul nostro lavoro nel Paese, poiché a causa delle dimostranze si è reso necessario richiamare tutti i vari team presenti sul territorio per metterli in sicurezza. Le dimostrazioni si sono infatti svolte in 34 delle 47 contee. Tra i centri maggiormente colpiti troviamo la capitale, Nairobi, ma anche Mombasa e altre grandi città. Si è reso dunque necessario bloccare le nostre attività sul campo e non appena riprenderanno ci sarà molto da ricostruire. Molte madri e padri di famiglia hanno perso le loro piccole attività nel corso delle manifestazioni, poiché alcune persone hanno approfittato della situazione per dare libero sfogo alla violenza distruggendo proprietà altrui. Altre persone hanno perso la vita e altre ancora sono rimasti feriti.


Attualmente l’atmosfera che si respira è tanto di precarietà ed incertezza quanto di desiderio di ritorno alla normalità e rivalsa, con la consapevolezza e l’aspettativa che molte cose debbano cambiare: in primo luogo va ricostruito il dialogo tra gioventù e classe politica. Da parte del governo dev’essere ristabilita una volontà di credibilità e, al contempo, una volontà di garantire il presente e il futuro alle giovani e ai giovani, che sono la maggior parte della popolazione del Kenya e che non staranno a guardare, subendo in silenzio ulteriori soprusi da parte delle stesse autorità che dovrebbero proteggerle e tutelarle.

Il nostro lavoro in Kenya


E proprio in questo noi siamo a fianco delle giovani e dei giovani. Dal 2009 siamo presenti nel Paese nel tentativo di rafforzare le loro capacità tanto tecniche quanto di dialogo così da permettere loro di intervenire in maniera sempre più cosciente e significativa nella creazione di politiche che vadano a loro vantaggio.

In un Paese come il Kenya, dove oltre l’80% della popolazione è costituito da giovani, la partecipazione e il contributo di quest’ultime e quest'ultimi alla vita pubblica è più che mai importante, rendendo imprescindibile la valorizzazione del dialogo tra autorità e cittadini. Soprattutto tenendo conto che le giovani e i giovani in Kenya sono istruite, qualificate e creative. Hanno la forza, e soprattutto, la voglia di partecipare attivamente alla creazione del loro futuro e alla crescita del loro Paese. Ciò nonostante, disoccupazione e sottoccupazione sono estremamente diffuse, riguardando oltre il 40% della popolazione che viene così esposta a criminalità, sfruttamento ed emarginazione. Sebbene il Paese, già da diversi anni, abbia intrapreso diverse riforme, donne e giovani hanno ancora un accesso limitato alle risorse e la loro inclusione nella sfera economica e sociale, per quanto più volte annunciata, ed enunciata, nelle politiche, resta intangibile nella loro vita quotidiana.

In collaborazione con altre organizzazioni internazionali, istituzioni e ministri nazionali, siamo impegnati nella realizzazione di progetti volti a promuovere l’accesso all’istruzione di base, l’assistenza sanitaria materno-infantile, la sicurezza alimentare, la prevenzione di conflitti e le iniziative di peacebuilding. Soprattutto con riferimento agli interventi riguardanti l’istruzione, in diverse contee contribuiamo alla promozione di un’istruzione equa e di qualità, alla salute e al benessere delle bambine e dei bambini e alla prevenzione del fenomeno dell’assenteismo, supportando anche una vera e propria transizione scolastica che salvaguardi i diritti delle studentesse e degli studenti, guardando soprattutto a coloro che sono più vulnerabili ed emarginati, vigilando, e indagando, eventuali abusi e violenze di genere. Nelle contee di Migori e Home Bay il nostro lavoro in oltre 19 scuole di diverso grado ha permesso di diffondere la riforma della politica per lo sviluppo della prima infanzia e la politica sanitaria scolastica, non solo contribuendo a monitorare al meglio la salute delle bambine e dei bambini, ma andando a beneficio anche di tutte le operatrici e operatori coinvolte e coinvolti nel settore dell’istruzione, da insegnanti a comitati di protezione dell’infanzia. Dall’inizio dei lavori entrambe le contee hanno fatto grandi progressi nell’ampliare l’accesso all’istruzione e nel rafforzare le politiche educative, ma c’è ancora margine di miglioramento. Anche a Narok siamo attivi, qui è stato diffuso il Piano strategico per il settore dell’istruzione del Kenya, arrivando anche alle funzionarie e funzionari locali, per cercare di promuovere un processo decisionale più efficace, migliorando pianificazione, monitoraggio e gestione dell’istruzione nella contea e diffondendo una cultura che guardi anche alla tutela delle giovani donne nel Paese, spesso vittime di mutilazioni genitali, abusi, oltre che matrimoni e gravidanze precoci. Nell’ambito delle attività di assistenza alle giovani e ai giovani, va citato anche il nostro ruolo nella contea di Kwale, dove l’insicurezza sociale è tanto forte da alimentare fenomeni di estremismo e radicalizzazione. Qui si svolge il progetto Kujenga Amani Pamoja, il cui fine è quello di promuovere l’apprendimento di pratiche di peacebuilding, prevenzione dei conflitti e promozione all’inclusività, attraverso iniziative legate alla cultura locale swahili e grazie alla collaborazione con organizzazioni giovani.


In questo come in altri progetti, resta tuttavia fondamentale, nonché parte integrante della nostra strategia, il coinvolgimento attivo delle parti interessate nella vita politica del Paese e in quello che è l’apparato decisionale alla base di questa. È tempo che la classe politica scenda al dialogo con le giovani e i giovani in maniera significativa, rendendoli e rendendole partecipi al 100%, per una co-creazione del loro futuro e di politiche che tengano conto dei loro bisogni e dei loro interessi.