I flussi migratori provenienti dal Venezuela sono cresciuti esponenzialmente durante l’ultimo decennio, a causa delle crisi congiunte che hanno messo in ginocchio il Paese. Perù (1,2 milioni stabili e 113.000 in transito) ed Ecuador (522 mila stabili e 90 mila in transito) sono rispettivamente il secondo e terzo paese di destino per la popolazione venezuelana, dopo la Colombia. Molti dei migranti che arrivano a installarsi in Perù ed Ecuador sono costretti ad affrontare sfide di diverso tipo, senza contare che la pandemia ha esacerbato le condizioni di vulnerabilità già esistenti.
Il progetto si sviluppa nel nord del Perù (Piura, Lambayeque, La Libertad) e nel sud dell’Ecuador (Guayas e Azuay), che nell’ultimo anno e mezzo si sono trasformati nei principali punti d’arrivo per le persone colpite dallo sfollamento, a parte le capitali.
Tra i fattori di maggiore vulnerabilità per la popolazione migrante e sfollata, sono stati identificati:
- l’assenza di mezzi di sussistenza e di accesso a un lavoro decente
- l’assenza di accesso ai servizi di base (tra cui spicca l’istruzione)
- la discriminazione durante il percorso migratorio
- un’inadeguata risposta da parte delle autorità ai bisogni relativi alla protezione e integrazione
L’obiettivo del progetto è che i rifugiati e le altre persone sfollate diventino membri produttivi delle comunità d’accoglienza e che collaborino a promuovere la resilienza, la crescita socioeconomica e lo sviluppo comune.
Per raggiungere tale obiettivo, l’intervento si propone di:
- Facilitare la creazione di maggiori opportunità di lavoro per le famiglie migranti, certificare le competenze e ampliare le opportunità di formazione didattica. Grazie alla maggior occupabilità dei genitori, le bambine, i bambini e i giovani non saranno più costretti a contribuire al sostentamento della famiglia. Ciò permetterà loro di concentrarsi sugli studi, ponendo così fine ai modelli ciclici di lavoro informale.
- Garantire l’accesso ai servizi di base, includendo l’istruzione. Le principali cause di abbandono scolastico sono: l’instabilità economica delle famiglie (che a sua volta genera miseria, coinvolge i minori nell’informalità dei lavori ambulanti e li converte in bersagli facili per lo sfruttamento sessuale); la poca conoscenza dei procedimenti di accesso ai servizi di base; l’assenza della documentazione necessaria; il timore di essere rifiutati e denunciati come illegali alle autorità; le difficoltà d’integrazione nelle strutture sociali del paese di arrivo.
- Formare autorità, funzionari, fornitori di servizi e docenti per facilitare l’inclusione dei migranti nel sistema educativo e negli altri servizi di base.
- Promuovere l’idea che gli sfollati sono membri produttivi della società e lottare contro la xenofobia e la discriminazione contro la popolazione venezuelana che si manifestano nei diversi spazi di interazione con le comunità d’accoglienza, incluse le scuole.
- Promuovere risposte integrate, con la costruzione di percorsi di tutela e monitoraggio di casi specifici, che assicurino l’assistenza necessaria da parte delle istituzioni e organizzazioni della società civile, prendendo in considerazione che i membri della comunità LGTBIQ+ e le donne migranti sono i più colpiti dalle forme di sfruttamento (incluso il traffico e la tratta di esseri umani) e l’abuso sessuale delle reti criminali.
L'attuazione del progetto sarà integrata attraverso la metodologia CPA (Community Protection Approach), che costruisce meccanismi di protezione comunitaria in modo orizzontale e basato sulle esigenze specifiche dei gruppi target.