Il potere del "non detto" offre una forma di comunicazione che permette l'esplorazione delle emozioni a chi non riesce a esprimersi verbalmente a causa di condizioni sociali, culturali, psicologiche o fisiche.
Mi chiamo Giuliana e ho avuto l'opportunità di partecipare per sei mesi al programma European Solidarity Corps, finanziato dall’Unione Europea, all’interno del progetto MorEYoung. Ho svolto il mio periodo di volontariato a Dar es Salaam, in Tanzania, insieme a WeWorld. Con un diploma post-laurea in arteterapia, la mia esperienza si è concentrata nell'area della salute mentale attraverso attività di espressione artistica. Insieme a Vincent e Shada, due facilitatori tanzaniani con cui ho collaborato, abbiamo implementato attività rivolte a bambini e bambine di scuole primarie che vivono in condizioni di vulnerabilità, incentrate sul loro benessere psicosociale e per permetterne la permanenza nel percorso scolastico.
Abbiamo lavorato in cinque scuole primarie con l'obiettivo di individuare i bambini e le bambine da supportare, tramite reti locali. Le attività hanno affrontato temi delicati come i sogni per il futuro, il riconoscimento dei propri punti di forza, la capacità di dire di no e il valore dei diritti dei minori. Le sessioni, svolte in un arco di tre mesi con cadenza settimanale, hanno proposto metodologie come la pittura (tramite tempera o spezie naturali locali), il disegno, i collage, la costruzione e la scultura, il role-play e i lavori di arte comunitaria.
In Tanzania, la discussione aperta sulle emozioni è culturalmente poco diffusa, la punizione corporale è ancora legale nelle scuole e le classi sovraffollate creano difficoltà nella comprensione delle lezioni, lasciando indietro la maggior parte degli studenti e delle studentesse. L'arte viene spesso considerata un'attività riservata solo a chi è "talentuoso" e improntata a canoni rigidi: bisogna disegnare in un modo specifico, altrimenti "non va bene". Questo approccio tende a soffocare la creatività e a impedire l'espressione libera. Per questo, è stato importante offrire uno spazio libero e non giudicante, con classi di massimo 14, dove ognuno e ognuna hanno potuto creare liberamente.
Tra le esperienze più significative, ricordo una sessione in cui abbiamo chiesto ai bambini e alle bambine di disegnare uno spazio in cui si sentissero al sicuro. Accanto a campi da calcio e spazi verdi, alcuni hanno rappresentato un cerchio nero, spiegando di sentirsi al sicuro solo quando si chiudono in se stessi. In questi momenti, il nostro ruolo è stato quello di essere presenti, ascoltare senza giudizio e offrire loro supporto seguendoli nel corso delle settimane. Esperienze come questa dimostrano che, anche senza parole, l'arte può dare voce a pensieri difficili da esprimere verbalmente.
Si tende spesso a pensare che i bambini e le bambine non provino emozioni intense perché non comprendono a fondo gli eventi, ma la realtà è che sono estremamente attenti e assorbono molto dall'ambiente in cui vivono. Questo percorso ha offerto loro uno spazio sicuro per esplorare ed esprimere sentimenti difficili, facendoli sentire ascoltati e valorizzati.
Infine, come ultima grande soddisfazione, grazie all'esperienza sul campo insieme a WeWorld in Tanzania e in Kenya, e alla collaborazione con gli educatori presso le diverse scuole, ho sviluppato un toolkit pratico per implementare attività di arte terapeutica in maniera sicura e adattabile a diversi contesti. Questo strumento è pensato per offrire linee guida su come fornire un primo supporto emotivo ai bambini e alle bambine e creare attività facilmente adattabili alle esigenze locali, e quindi replicabile in tanti altri contesti.
L’atto di avere il controllo sulla tela, avendo il permesso di sperimentare in modo sicuro e libero, è un modo semplice ma altamente curativo per poter riprendere un po’ di fiducia in sé stessi, dare spazio alla creatività, fondamentale per la crescita di ogni individuo, e dare voce a pensieri complessi in modo poco invasivo, rielaborando anche eventi passati difficili da elaborare.
Spero che il lavoro svolto continui a ispirare altre iniziative. Ringrazio WeWorld e il programma European Solidarity Corps per aver reso possibile questa esperienza e per il loro impegno nell’ambito educativo, che si concentra sul diritto dei minori e la riduzione dell’abbandono scolastico.
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