Lavoro e molestie: il 60% delle persone ha assistito ad abusi sul lavoro. Chiediamo un Ambiente Sicuro

Sondaggio in collaborazione con Ipsos: il 60% di lavoratori/lavoratrici è a conoscenza di episodi di violenza sul luogo di lavoro, il 71% di microaggressioni; tra le forme più diffuse, violenza verbale (56%), mobbing (53%), abuso di potere (37%). Il 62% delle donne non denuncia per paura di perdere il lavoro.

“Mi è stato detto “noi solitamente assumiamo uomini perché voi donne appena entrate in un’azienda con contratto indeterminato vi sposate e vi mettete in maternità”.

Cominciò a farmi un massaggio alle spalle per poi scendere e toccarmi il seno e la pancia fino al pube. Anche se stava violando i confini del mio corpo, mi sentii bloccata nella reazione che avrebbe meritato, perché era un nuovo personaggio di punta dello studio partner e tutti i colleghi erano là, fuori dalla porta. Mentre il molestatore agiva, i colleghi chiesero se avessimo finito, ma non aprirono la porta”.

“Il mio capo mi diceva spesso che non avrei mai ricevuto una promozione perché indossavo gonne aderenti in ufficio e non realizzavo quanto "fossi sexy".

Dalle molestie sessuali al linguaggio sessista e discriminatorio sono ancora troppi gli episodi di violenza e molestie sul posto di lavoro subite ogni giorno da lavoratrici e lavoratori in Italia. In occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, presentiamo il rapporto “Non staremo al nostro posto. Per il diritto a un lavoro libero da molestie e violenze”, per analizzare e denunciare i comportamenti abusanti che ancora oggi caratterizzano i luoghi di lavoro, intrecciandosi con dinamiche di precarietà, gerarchia e prevaricazione. Il rapporto, che presenta il sondaggio che abbiamo svolto con Ipsos su molestie e violenze sul lavoro e raccoglie 140 testimonianze anonime di persone che hanno subito molestie, affronta un tema quanto mai urgente: garantire luoghi di lavoro sicuri e rispettosi della dignità di tutte le persone è infatti una questione di diritti umani e giustizia sociale. Il 25 novembre è la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza maschile contro le donne e la nostra indagine nasce per monitorare e rendere evidenti le molestie che le donne subiscono nei luoghi di lavoro. I risultati mostrano però una situazione molto più ampia, ancorata alle dinamiche di potere dove le molestie risultano sistemiche.

“Le molestie sul lavoro sono una delle tante manifestazioni del patriarcato, un sistema che danneggia non solo le donne, ma anche gli uomini. Negli ultimi decenni, il diritto a condizioni di lavoro sicure e dignitose è stato indebolito da politiche che hanno ridotto il potere sindacale, incentivato la riduzione del personale e favorito la delocalizzazione, creando una vulnerabilità diffusa che spinge molte persone, a partire dalle donne, che vivono una costante situazione di discriminazione, ad accettare condizioni di lavoro difficili, mettendo in secondo piano i propri diritti e subendo maltrattamenti, discriminazioni e molestie” commenta Martina Albini, Coordinatrice del Centro Studi di WeWorld. “Mai come ora è fondamentale mettere apertamente in discussione le dinamiche di prevaricazione alla base di questi abusi e lavorare per costruire ambienti di lavoro sicuri e rispettosi per tutte e tutti: un diritto umano fondamentale”.

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L’INDAGINE WEWORLD-IPSOS: HIGHLIGHTS

Il sondaggio di opinione, che abbiamo realizzato in collaborazione con Ipsos su un campione di 1.100 lavoratori e lavoratrici tra i 20 e i 64 anni, offre uno sguardo concreto e attuale sul fenomeno, in cui si riflettono le tante testimonianze di persone provenienti da diversi contesti sociali, a conferma della natura trasversale del problema. Gli abusi sul posto di lavoro possono essere di diversa natura: fisici (come schiaffi o aggressioni), psicologici (insulti, emarginazioni), sessuali (avance indesiderate, ricatti) o economici (ostacoli alla crescita professionale).

LA PERCEZIONE DELLA VIOLENZA SUL LUOGO DI LAVORO

  • Secondo il campione intervistato, le forme di violenza più diffuse sono la violenza verbale (56%), al secondo posto il mobbing (53%) e al terzo posto, distaccato, l’abuso di potere (37%). Chiudono violenza fisica (10%), stalking (6%) e violenza online (2%).
  • Le molestie sessuali sono percepite come la forma di violenza più grave dal 52% del campione, seguite dal mobbing (37%) e dalla violenza fisica (34%).
  • La percezione è che le donne subiscono maggiormente quasi tutte le forme di violenza rispetto agli uomini, a eccezione della violenza fisica e del bullismo.

L’ESPERIENZA DELLA VIOLENZA SUL LUOGO DI LAVORO

  • Il 60% di lavoratori e lavoratrici è a conoscenza di episodi di violenza avvenuti sul proprio luogo di lavoro.
  • Il 42% degli intervistati ha assistito e/o subito a episodi di violenza sul posto di lavoro.
  • Il 22% ha subito violenza sul posto di lavoro almeno una volta nella vita. Tra le donne il dato sale al 28%.
  • Gli autori delle violenze sul lavoro sono soprattutto capi (42%) o colleghi uomini (35%), seguiti da colleghe (22%) e cape donne (13%). 
  • 1 donna su 2 (50%) tra quelle che hanno subito violenza sul luogo di lavoro indica il capo uomo come autore della violenza.

LE CONSEGUENZE DELLA VIOLENZA SUL LUOGO DI LAVORO

  • Stress e ansia sono le conseguenze più comuni della violenza sul lavoro, segnalate dal 56% delle persone intervistate. Subito dopo, il burnout è stato indicato dal 33%, seguito da diminuzione dell’autostima (30%), dimissioni (25%) e depressione (21%).
  • Il 37% delle donne ha sperimentato il burnout dopo le violenze sul lavoro.
  • Il 25% degli uomini ha avvertito un calo della produttività dopo le violenze sul lavoro.
  • Il 25% del campione intervistato ha dato le dimissioni dopo violenze sul lavoro.
  • Il 14% è stata licenziata/o in seguito a violenze subite sul luogo di lavoro.

PERCHÉ NON SI DENUNCIA? LA TUTELA DA PARTE DELL’AZIENDA

  • Una delle ragioni principali per cui chi subisce violenza non denuncia l'accaduto è la paura di perdere il lavoro: questo sentimento è condiviso dal 59% del campione, e sale al 62% tra le donne. Il 53% esprime timore di ritorsioni da parte di chi ha commesso la violenza, mentre il 41% pensa che denunciare non servirebbe a nulla.
  • Per il 26% delle donne, il motivo principale per non denunciare è il timore di non essere creduta.
  • Per quasi 2 operaie su 3 (65%) il motivo principale per non denunciare una violenza subita sul luogo di lavoro è il timore di perdere il posto.
  • 2 persone su 3 (67%) che hanno assistito o subito violenza sul lavoro non si sono sentite tutelate dalla propria azienda, con una percentuale più alta tra le donne (80%).

MICROAGGRESSIONI

  • Il 71% delle persone intervistate ha assistito o subito almeno una micro-aggressione sul posto di lavoro. Di queste, il 58% ha dichiarato di esserne stata vittima diretta.
  • Il 37% delle donne ha subito episodi di mansplaining sul luogo di lavoro.
  • Più di 1 donna su 4 (27%) ha subito sguardi o avances inappropriate.
  • I principali responsabili delle micro-aggressioni sono colleghi (38%) e capi uomini (37%), seguiti a notevole distanza da clienti uomini (14%) e da colleghe donne (12%).
  • 1 persona su 5 (21%) ha subito microaggressioni da parte della clientela.
  • Giovani lavoratori e lavoratrici riportano una maggiore esposizione a micro-aggressioni da parte di clienti (34% rispetto al 21%) ed estranei (33% rispetto al 17%).

Per contrastare molestie e violenze, lavoratori e lavoratrici indicano l'istituzione di sanzioni per comportamenti violenti (37%), la gestione rapida e seria delle segnalazioni di violenza (37%) e la possibilità di denunciare tramite linee di segnalazione anonime (32%).

RACCOMANDAZIONI

Grazie all’esperienza che abbiamo maturato in dieci anni di intervento, ricerca e advocacy, in chiusura del rapporto sono sviluppate alcune proposte mirate per il contesto italiano, per promuovere un cambiamento reale: non solo linee guida di intervento, ma anche un invito a mettere davvero in discussione le dinamiche di prevaricazione alla base degli abusi:

Prevenire
  • Percorsi di formazione in tutte le aziende.
  • Promozione di campagne di sensibilizzazione multicanale rivolte all’intera popolazione che individuino il fenomeno e le sue specificità, da diffondere su scala nazionale.
  • Introduzione di curricula obbligatori di educazione alla sessualità e all’affettività nelle scuole di ogni ordine e grado.
(Ri)conoscere e monitorare
  • Perfezionamento della Certificazione della parità di genere.
  • Introduzione del reato di molestie sessuali in tutti gli ambiti, compreso il luogo di lavoro.
  • Introduzione e perfezionamento di strumenti per la valutazione dei rischi.
Intervenire
  • Adozione di un Codice di condotta che tuteli lavoratori e lavoratrici nei casi di violenze e molestie sul luogo di lavoro.
  • Identificazione di figure specializzate e meccanismi di ricorso adeguati.
  • Istituzione di programmi di supporto per chi ha subito o assistito a violenza.

LE TESTIMONIANZE E LA CAMPAGNA SOCIAL

Per permettere di comprendere meglio il fenomeno della violenza e molestie sul lavoro, il nostro rapporto contiene, oltre ai risultati del sondaggio, una raccolta di 140 testimonianze: voci e storie fondamentali per ottenere informazioni più dettagliate sulle dinamiche degli abusi, su quali forme assumono, e gli effetti sulle persone coinvolte. È sempre più necessario, infatti, analizzare questi fenomeni nel dettaglio, perché gli abusi sul lavoro, nonostante la loro diffusione, sono ancora troppo spesso normalizzati e considerati accettabili.

Proprio queste prime testimonianze saranno il punto di partenza per una campagna sui social media con cui inviteremo le persone vittime di molestie, abusi e violenze sul lavoro a condividere la loro storia.

Alcune testimonianze:

“Lavoro in un'agenzia di Treviso, in cui nei ruoli di responsabilità sono stati inseriti solo maschi. Noi donne non veniamo mai considerate, siamo sempre subordinate. Dopo dieci anni di lavoro lì avrei gradito una gratificazione, ma nulla... è stato assunto un uomo, amico di un altro collega interno, e la spiegazione al fatto di non scegliere mai una donna è che poi tutte le altre sarebbero state invidiose... come se passassimo il tempo ad intralciarci l’una con l’altra.” - donna, 30 anni, comunicazione, ICT e digital

“Ho lavorato in questa azienda per circa sette anni. Al mio rientro dopo la maternità, non avevo più la mia scrivania ma un posto in magazzino (io sono una contabile) dove riordinare e pulire...” - donna, 38 anni, agricoltura e agroalimentare

Per un periodo ho fatto volantinaggio; spesso gli uomini facevano commenti molto squallidi. I volantini che distribuivo contenevano sconti e promozioni: una volta mi hanno chiesto se anche io fossi in sconto, se ci fosse il mio numero sul volantino, cose del genere. Molti erano con la moglie o compagna” - donna, 20 anni, commercio

Non ho mai avuto il coraggio di parlare al lavoro della molestia subita, perché mi vergognavo, nonostante sapessi che le mie colleghe mi avrebbero supportata. Ora ho capito di aver sbagliato, perché finché nessuno parla i colpevoli non possono prendersi le loro colpe e capire il danno che fanno a chi lo subisce e al suo percorso lavorativo” - donna, 26 anni, attività professionali e servizi per le imprese

Ho subito e accettato violenza psicologica sul posto di lavoro, un’enoteca in cui ho lavorato per due stagioni estive perché avevo bisogno di maggiore formazione enologica (sono studente di Enologia e Viticoltura). Questo mio bisogno è stato sfruttato dal mio unico collega, nonché datore di lavoro: non ho mai fatto un giorno di ferie, 7/7gg, 17-01 di notte, due volte a settimana consegne in paese con orario anticipato alle 15, senza una pausa. Ero costantemente sottoposto a sottili ricatti come "c'è la fila di persone che vogliono lavorare qui". Il datore di lavoro prendeva le mie mance, sono stato più volte oggetto di sospetto perché i conti a fine serata non tornavano ma, puntualmente, controllando, tornava sempre tutto. Mi sono sentito ladro, stupido, inferiore, senza competenze. Il trattamento è analogo anche per altri colleghi” - uomo, 30 anni, accoglienza e ristorazione

“È stato un genitore (sposato) di un bambino della mia classe. È iniziata da un'amicizia su Facebook (io non l’ho mai accettato), dove su Messenger mi scriveva oscenità sessuali molto esplicite e dettagliate. Quando si presentava a scuola per prendere il figlio o portarlo, cercavo di non rimanere sola con lui perché mi bloccava tra gli armadietti cercando di "annusarmi". Ho chiesto a colleghe e collaboratori scolastici di aiutarmi, ma solo le collaboratrici lo hanno fatto, mentre la dirigente e mi ha gelato dicendo che forse era un profilo falso su Facebook e magari voleva solo sapere che profumo avessi... ho cambiato scuola!” - donna, 30 anni, istruzione e formazione

Ho denunciato l'Amministratore delegato per violenza sessuale. Mi è saltato addosso come un animale in ufficio. È stato condannato a 3 anni e 2 mesi ed ora ha fatto ricorso in appello. Ho passato l'inferno per anni sul luogo di lavoro e ne sto pagando ancora le conseguenze. Tornassi indietro lo rifarei perché non avrei mai accettato compromessi, ma è stata dura.” - donna, 45 anni, finanziario e assicurativo

La cosa che fa più ridere è che hanno il certificato di parità di genere. Ridicolo perché per truccarlo ci vuole un nulla. È stato truccato tutto.” - donna, 30 anni, comunicazione, ICT e digital